“Chi è che scrive questo blog?!” – E me lo chiedo, a volte, anche io. Allora provo a fornirvi una risposta, parlando della expat che conosco di più. Quella expat sono Io, C. (preferisco l’anonimato si!) e sono un expat da circa due anni. Al momento abitante di una delle città più belle, più pittoresche, più stravaganti in cui io abbia vissuto: Barcellona è la mia casa.
Originaria di una piccola città Siciliana, Trapani, lascio la bella isola all’età di diciannove anni. Uno in meno di Paolo (se non sai chi è Paolo, leggi pure il mio primo articolo). La mia destinazione non è Bergamo però. Milano, – Punta in alto C. – mi ripetono – ma non dimenticare mai da dove vieni -. Come se potessi dimenticare 19 anni della mia vita in mezzo al mare, la natura selvaggia, la montagna che veglia sopra le nostre teste e ci osserva dall’alto, piccoli e impotenti come siamo.
“Rispetto alla natura, la gente è ancor più complessa e variegata. Il bello della Sicilia è la scoperta quotidiana di siciliani sempre diversi. Chiudere il siciliano in un ruolo di tanghero scostante è un errore grosso. Certo che esiste un siciliano di questo tipo ma c’è anche il sangue di tredici dominazioni.” Andrea Camilleri.
Oggi 12.05.18, vi presento uno dei diversi esemplari di Siciliano: me stessa, C.
La Sicilia è terra di uomini che hanno fatto la storia, è terra di battaglie, di sangue, di poche vittorie e troppe cose sputtanate da chi doveva amarla questa isola. Eppure, la si ricorda solo per il bel mare, i cannoli, le arancine e la cassata. Quello di cui non si parla mai è che la Sicilia è una terra dimenticata, un po’ come Porto. Una terra usurpata dai poteri forti della società, martoriata dalla mafia e abbandonata da chi prova ad investire, per poi pentirsene nel breve periodo. Perché se non è la mafia a metterti i bastoni tra le ruote, è lo Stato, con le sue ingenti tasse o è la troppo bassa domanda di beni nel mercato. Così le aziende coraggiose che ci provano, chiudono; gli investitori prendono i loro capitali e li investono dove gli frutterà qualcosa e la gente che ha idee e iniziative brillanti diventa un expat, altrove.
Sono un esemplare di Siciliana, profondamente amareggiata, si! E mi ferisce profondamente sentire chi mi dice “Sono rimasto dove sono nato, a servire la patria!”. Sarò onesta, stimo profondamente la gente che rimane, perché chissà che adesso rimanere non sia davvero più difficile che andare via. Tuttavia, sono fermamente convinta che non puoi pensare di “servire il paese” al meglio, se non sei mai andato fuori da quei confini a cui il mare ci rilega.
Servono idee nuove, prive di clientelismo e favoritismi che sono, a mio parere, fattori insiti nella nostra società, siciliana o italiana non importa, quello che serve è rendersene conto. Questi elementi sono il male di un paese che non vuole evolvere e si aggrappa ai lustri fasti del passato, alle bellezze che la natura ci ha regalato e che noi, maltrattiamo, bruciamo, inquiniamo, come se fossero nostre, come se ci fosse dovuto.
E’ vero me ne sono andata. Sono quell’esemplare di Siciliana. Me ne sono andata, così come tanti altri. Ma come diceva un grande cantautore -Certi amori fanno giri immensi, ma poi ritornano-. Con tutta l’umiltà del mondo, ho deciso di andare via per provare a capirlo il mondo, conoscere persone diverse da me, conoscere Paolo e tanti altri espatriati. Voglio innamorarmi ancora, ogni giorno che passa, delle meraviglie che questo pianeta ci offre e chissà, magari, un giorno tornerò, con un bagaglio pieno di esperienze utili, per apportare my 5 cents.
Nel frattempo mi godo Barcellona, che mi sta ospitando e mi ha accolta tra la sua gente. Non significa che qua sia tutto perfetto chiaramente, significa che io, come tanti altri, ho ricominciato da zero e ho lottato per rendere questo posto qualcosa di simile a casa mia.
Arrivo qua il 7 dicembre 2017 e lo ammetto, non ero troppo entusiasta. Lascio il Bel Paese triste e sconfitta, dopo mesi di attese (che per me pesano come fossero anni) per la ricerca di un maledetto internship, una maledetta ragione per rimanere.
7 giorni prima del 7 dicembre 2017, decido che non ho più ragioni. Sono stanca di aspettare, di dimostrare che sono buona a qualcosa, di pensare che questi anni di studio possano essere stati vani.
-Come se sei anni di studi non bastassero a meritarmi la possibilità di uno stage formativo- mi ripeto.
Allora, i riflettori si spengono e cala il sipario. Non giunge il momento in cui il pubblico ti applaude, nessuno invoca il mio nome. O almeno, io non sento nulla. Dentro di me riecheggia il silenzio tombale delle mie mille email senza risposta, il peso delle aspettative deluse, il tonfo di chi ha tempo ma non sa aspettare, perché –chi ha tempo non aspetti tempo – ed io sono stata sempre così. Sono quell’esemplare di Siciliana. Troppo iperattiva per attendere il treno giusto. Piuttosto salgo su uno caso e vedrò dove mi porta. Voglio sentirmi importante, voglio sentirmi viva. -Posso sempre tornare indietro- mi dico. -Posso sempre tornare alle origini, ma forse il treno per Barcellona passa una volta sola. O forse, se passa più volte, non avrò più motivazioni o il coraggio di saltarci su-.
Passano 7 giorni da quella decisione. -Ciao Italia, io me ne vado, ancora una volta – mi dico -forse, il mio momento di tornare a casa non è ancora giunto. Forse, la miriade di esperienze che mi attendono dietro l’angolo, non hanno ancora fatto il loro corso-. Anche Paolo me lo disse – Hai tutta una vita per vivere in Italia-. Ed è vero. Attenderò che le cose migliorino, mi dico. Quando tutto questo precariato giungerà ad una fine, forse io ed i miei amici expat “amareggiati”, faremo ritorno. Non importa dove, purché sia il Bel Paese mi dico.
Sono anche quell’esemplare di Siciliana che, a volte entra in un limbo di pensieri, da cui non riesce ad uscire. -E se poi non torno più?! – mi chiedo. -Se poi ti piace così tanto la tua vita lì che magari pensi “Chi me lo fa fare tornare in Italia?!” -. Sento questa frase troppo spesso e quasi sempre mi fa paura. Non voglio entrare in quel cerchio di “arrabbiati”. Voglio tenere quelle energie negative lontane da me. Ma soprattutto mi conosco. Tornerò, perché ho perso una battaglia, ma non la guerra. Mi dico:
– Tornerò perché amo il mio Paese, così tanto che ho bisogno di allontanarmi per far sì, che questo amore non si tramuti in odio-.
E mi ripeto che sono troppo giovane. Infondo, il mondo non l’ho visto ancora davvero. Allora ho scelto di ripartire da Barcellona, che fin qui mi ha regalato tanto. Amici e colleghi che mi fanno sentire parte delle loro vite, posti tutti miei dove vado a scrivere, trovare l’ispirazione. I miei bar, dove mi siedo e guardo e ammiro la diversità delle persone che mi circonda, osservo il modo in cui si parlano, si sfiorano, si abbracciano. Barcellona mi chiama, mi parla, mi spinge ad incuriosirmi sempre di più. Io l’ascolto e l’accolgo dentro la mia anima ogni giorno che passa e ogni giorno che passa è un countdown che non voglio fare, perché? Perché non voglio andarmene, ma devo. Perché ho ancora un conto in sospeso con la cara vecchia Italia.
Allora, forse, ti metterò in stand-by mia cara Barcellona. Premerò il pulsante PAUSA e chissà, se inserirò il nastro e premerò PLAY, di nuovo. Il treno è passato una volta e se è destino, passerà una seconda e anche questa volta sarò pronta a saltarci su, senza più guardarmi indietro. Dove andrò è ciò che conta. “Lo scopriremo solo vivendo”.
– La Sicilia è la mia casa e lo sarà sempre. Le mie radici sono fermamente piantate sotto la sua terra; ma i miei rami si propagano verso orizzonti lontani, verso l’ignoto, verso luoghi magici, di cui nemmeno conosco l’esistenza. Io la porto con me, in giro per il mondo, nel mio “ALTROVE”. Lei sarà sempre lì per me, ad aspettarmi. –
C.
DCIM\100GOPRO
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